24.02.2020 – “Rischiamo di mandare in crisi l’identità nazionale. Il teatro nasce nel Mediterraneo, in Grecia, a Roma, è un’identità fortissima dell’Italia e dell’Europa, della nostra cultura occidentale, molto più dei grandi brand commerciali di cui a volte di parla”. E le misure di queste settimane “non posso assolutamente bastare” per ripartire. E’ quanto dice all’AGI Ruggero Sintoni, presidente dell’Antac, l’Associazione nazionale teatri d’arte contemporanea in seno all’Agis, per descrivere l’impatto dell’emergenza coronavirus sul suo settore, il pericolo di uno stop prolungato delle attività, l’importanza del teatro per l’intero Paese. L’Antac racchiude una trentina di centri di produzione, importante realtà del sistema teatrale italiano, dotati di un nucleo stabile artistico, tecnico e progettuale, impegnati anche a gestire spazi e sale.
La chiusura per il Covid-19 arrivata lo scorso 24 febbraio nelle regioni del Nord e l’8 marzo nel resto del Paese non ha sospeso ma interrotto del tutto un lavoro che non è solo di produzione teatrale ma anche di programmazione, gestione, promozione, ricerca, formazione del pubblico. “Siamo bloccati con le produzioni dall’inizio del lockdown”, dice Sintoni. “Fin dal 24 febbraio abbiamo capito che l’attività del teatro scuola sarebbe stata bloccata fino alla fine dell’anno scolastico. Le produzioni in tournée erano tantissime. Il teatro ragazzi italiano è il migliore d’Europa. Quello di ricerca è uno dei migliori d’Europa”. In queste settimane si inizia a fare i conti con le ingenti perdite, innanzitutto sul piano culturale. “I nostri – continua il presidente Antac – sono teatri dove lo spettacolo non solo si rappresenta, ma si crea e si produce. Ora non possiamo fare nemmeno le prove. Con la pandemia si è bloccato tutto il sistema della distribuzione, della programmazione, della produzione, della ricerca, dell’innovazione”. Poi c’è’ il danno economico, “enorme per tutto il sistema teatrale dello spettacolo dal vivo. Volgarmente voglio dire che spendiamo e non incassiamo da due mesi”.
Ma fare una stima o fornire cifre – dice Sintoni – sarebbe “sbagliato”. La metafora + quella di un sisma. “E’ come in un terremoto. I danni si possono calcolare solo quando le scosse telluriche si sono arrestate. Bisogna aspettare che finisca il lockdown, capire cosa serve per ricostruire: non possiamo calcolare i danni se non sappiamo cosa serve per ricostruire”. Dal governo è arrivata una risposta soprattutto con gli ammortizzatori sociali e il decreto Cura Italia con 130 milioni di euro di risorse per il mondo dello spettacolo, e altre soluzioni. “Il Mibact – aggiunge il presidente Antac – dovrebbe concedere per il 2020 l’80 per cento delle sovvenzioni previste dal progetto di ciascuna impresa teatrale riconosciute nel 2019. Il restante 20 per cento verrà invece erogato in base a uno schema di rendicontazione delle attività che verrà emesso successivamente”. Per quanto riguarda invece il fondo di emergenza: “Dei 130 milioni di euro come contributo straordinario, 20 milioni saranno destinati a quelle attività non sovvenzionate dal FUS che abbiano documentato per i mesi di gennaio e febbraio almeno 15 recite effettuate e almeno 45 giornate contributive versate. Si tratta degli extra FUS che svolgono comunque un’attività professionale i restanti 110 milioni dovrebbero essere investiti secondo criteri ancora da determinare tra teatro, musica, danza, circo e cinema”. Per l’Antac si tratta di un primo passo positivo, ma non sufficiente, se si considerano i tempi lunghi dell’emergenza.
“Non può assolutamente bastare – dice Sintoni – quello che è stato deciso finora. Sono andati in crisi centinaia di migliaia di lavoratori dello spettacolo, gli ammortizzatori sociali non bastano”. Ma non solo. Servirebbe una visione più chiara sul futuro prossimo. “Non abbiamo un cronoprogramma, che è assolutamente urgente. Sappiamo che i teatri sono chiusi fino al 3 maggio, ma nella maggior parte dei Paesi europei, come in Francia, Germania, Austria, Svizzera, Spagna, hanno già una data certa di chiusura fino al 31 agosto. E’ indispensabile che il Ministro chieda al comitato tecnico-scientifico un possibile cronoprogramma, anche da correggere poi, in modo che noi possiamo pensare alle nostre attività”. Altro tema sarà quello delle modalità con cui si potrà riaprire, tra misure igienico-sanitarie e distanziamenti. “Sulla questione della contingentazione – dice il presidente Antac – ho un pregiudizio teorico, perché il teatro è fatto di una relazione tra l’artista e il suo pubblico e tra i suoi spettatori. Una risata collettiva è un fatto liberatorio, un dramma è l’esorcizzazione della tragedia. Ma dal punto di vista pragmatico io dico: lo Stato sa bene quali erano i nostri incassi e quindi deve attivare dei meccanismi di compensazione che vadano a compensare le perdite dovute alla contingentazione”.
“Se questo non accade – conclude – molte delle imprese teatrali italiane, o forse tutto il teatro, sono destinati a morire. E non credo che né i Comuni, né le Regioni, né l’Italia, né l’Europa, vogliano perdere questa identità che li caratterizza rispetto ad altri continenti, che hanno delle storie molto più brevi e identità molto inferiori alle nostre”.