22.04.2020 – Il Presidente di I-JAZZ Corrado Beldì, intervistato dall’AGI, parla delle conseguenze per il suo comparto dell’emergenza sanitaria e del conseguente stop agli eventi pubblici.
“Una crisi senza precedenti del nostro settore, come di tutta la musica dal vivo. La stagione non era arrivata nemmeno al 10 per cento delle attività. Molte rassegne e festival sono stati annullati con un enorme peso di sopravvivenza degli organizzatori, che hanno in capo la responsabilità di far fronte a tutta la filiera produttiva”.
Secondo una stima del presidente ci sono ora “tra personale strutturato e non, oltre 3mila persone in fase di incertezza e instabilità, senza contare tutto l’indotto di filiere esterne alla produzione dei festival”.
L’impatto della crisi è stato rilevante, come per tutto il mondo della musica e dello spettacolo, sia dal punto di vista occupazionale (si pensi al lavoro di segreteria artistica-organizzativa, amministrazione, produzione, marketing e comunicazione) che di perdita economica. “Il personale strutturato – spiega Beldì – sta beneficiando di cassa integrazione, il personale non strutturato sta forse beneficiando dei 600 euro. Ma c’è tutto un mondo di filiera, di fornitori esterni, spesso sono aziende poco strutturate e particolarmente vulnerabili, che sono in pericolo”. Il presidente di I-Jazz precisa che al momento una stima sul danno è “difficile”, ma aggiunge: “Uno studio fatto con la Bocconi sull’impatto dei festival italiani indica un moltiplicatore da 4 a 6 volte come impatto di beneficio, che rischia di essere perduto. Se moltiplichiamo i 60 festival per un fatturato medio che potrebbe essere di 200mila euro e per il beneficio si arriva a una cifra compresa tra i 60 e gli 80 milioni di euro”.
Ovviamente l’annullamento dei festival rappresenta prima di tutto una perdita sul piano artistico e culturale. “Noi – dice Beldì – rappresentiamo una musica del nostro tempo, una musica che parla a tutti, multilinguistica, e che ha una forte connotazione di integrazione sociale e culturale. Se mancano questi concerti viene a mancare un importante tassello della tenuta culturale delle nostre città, dei nostri borghi e anche della promozione dei nostri territori. Perché il jazz negli ultimi anni spesso è anche uscito dai luoghi deputati e portato la musica nei monumenti storici e nei beni naturalistici di questo Paese, con un forte accento di sostenibilità ambientale”.
Anche qui, come per altre associazioni di categoria, la risposta delle misure governative per il mondo della cultura viene adeguata solo per affrontare un breve iniziale periodo di difficoltà. Le misure proposte, che il mese scorso ci sembravano discrete scontano ora un prolungamento inaspettato della crisi, e oggi ci rendiamo conto che l’emergenza è più grave di quanto ci aspettassimo cinque settimane fa. Probabilmente serviranno risorse aggiuntive sia per sostenere il sistema che per sostenere il rilancio di tutta la filiera, anche in termini divulgativi”.
Beldì parla della necessitò di promozione e di fondi ulteriori. “Da un lato – dichiara – servono risorse aggiuntive per una forte campagna promozionale sul ritorno ai teatri e nei luoghi di spettacoli, quando ci sarà l’opportunità, dall’altro rischiamo di avere una lunghissima fase 2 in cui l’unica alternativa sarà quella di offrire spettacoli in streaming necessari per tenere un rapporto con il pubblico. E allora saranno necessarie risorse aggiuntive per le dotazioni tecnologiche che ad oggi le nostre organizzazioni non hanno”.
“Lo streaming non può essere un surrogato della fisicità e dell’esperienza della musica dal vivo ma andiamo incontro a mesi in cui anche lo streaming dovrà reinventarsi trovando dei tool emozionali in grado di catturare l’attenzione e di avvicinare il gesto creativo al pubblico”. Altro tema è l’accesso al Fondo unico per lo spettacolo, il meccanismo che regola l’intervento pubblico nei settori dello spettacolo. “Ci sono tante organizzazioni jazz di medie o piccoli dimensioni – dice il presidente di I-jazz – che non sono finanziate dal Fus e che sono impegnate nell’organizzazione di centinaia di concerti su tutto il territorio nazionale. Auspichiamo che il governo non si dimentichi di queste realtà che sono al di fuori del finanziamento pubblico. Servirebbe qualche fondo aggiuntivo”. Mentre sul fronte sponsorizzazioni “servirebbe l’estensione a tutte le categorie dello spettacolo dell’art bonus”, il credito d’imposta per il mecenatismo. Trovare una via di uscita sarà molto difficile. La visione del futuro prossimo dalle parti di I-jazz è “pessimistica”. Il presidente spiega che alcuni festival hanno deciso di rimandare all’autunno, altri all’anno prossimo, altri ancora stanno cercando di capire quali saranno le regole della ‘fase 2’. Si tenterà comunque di non lasciare nulla di intentato “per tentare di salvare la stagione estiva”, “sarebbe un bel modo, nei limiti del distanziamento, per far ripartire la filiera culturale”. “Resta il fatto – dice Beldì – che, con una previsione di minori biglietti, con il crollo delle sponsorizzazioni e con i fondi delle fondazioni bancarie che paiono orientarsi più alle misure sociali e sanitarie, nonché con la crisi dei bilanci comunali, il futuro dei nostri festival è fortemente a rischio”. “La speranza – conclude – è che, complice anche il dinamismo delle nostre organizzazioni, ci possa essere quanto prima una ripartenza. Lo dicono in molti: ogni crisi può essere anche un’occasione di rinascita, ogni crisi porta a un rinnovamento”.